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Allevare la Cinta: una guida

Il Vademecum per i nuovi Porcari Toscani della Cinta Senese

L’apprezzamento in continua crescita per la Cinta Senese fa sì che l’offerta non riesca a far fronte alla domanda del mercato. Questo squilibrio non consente un’adeguata programmazione alle aziende distributrici e trasformatrici, non garantisce una stabilità nei prezzi e un adeguato livello remunerativo per gli allevatori. Indispensabile dunque far crescere il numero dei capi allevati (attualmente tra i 3.900-4.300 annui) fino a farli raddoppiare, ma anche triplicare. Il raggiungimento di tale obiettivo crediamo possa contribuire alla creazione di un mercato solido e di un prezzo adeguato ai costi di allevamento. Dunque tra le finalità del Consorzio c’è sì la promozione del prodotto, ma anche azioni che consentano il moltiplicarsi delle aziende e degli imprenditori e quindi la creazione di nuovi allevamenti. Obiettivo consolidare e dare certezze economiche a chi con tanta passione e dedizione alleva la Cinta Senese. Il Consorzio è disponibile ad impegnarsi come supporto tecnico per facilitare i contatti tra allevatori ed acquirenti, mettendo a disposizione l’esperienza dei propri soci e le opportunità commerciali che via via si presentano, ma anche per l’eventuale reperimento di adeguati appezzamenti di terreno per chi non ne avesse a disposizione.

Come si diventa allevatore

Per avviare un allevamento di Cinta Senese occorrono poche, ma importanti informazioni. Vediamo dunque condizioni e consigli per avviare un allevamento. Sicuramente è indispensabile passione per gli animali e per la vita all’aria aperta.

Le autorizzazioni per un nuovo allevamento

Il disciplinare non prevede nessun tipo di restrizioni se non l’iscrizione dei riproduttori al registro genealogico

Le due ipotesi di allevamento

Per chi ha tempo e poco spazio: l’allevamento di scrofe e porcellini. Fino al quarto mese di vita possono essere allevati nei classici recinti. Per chi ha spazio e poco tempo: l’allevamento degli adulti ai fini della macellazione. Non più dunque piccoli allevamenti con poche scrofe a ciclo chiuso, ma un orientamento verso due tipi di allevamento: chi ha poco spazio, possibilità di recuperare strutture, un minimo di esperienza e più tempo a disposizione si dedica a produrre lattoni con un numero elevato di scrofe (da 50 a 200 scrofe). Viceversa chi ha più spazio disponibile (boschi – non indispensabili – incolti o seminativi poco produttivi o anche oliveti) e meno tempo disponibile, si occupa dell’ingrasso partendo dai lattoni. In entrambi i casi si arriva a regime e quindi alle prime vendite non prima di 18 – 20 mesi.

Le condizioni indispensabili

Condizioni essenziali per un allevamento è che sussistano alcune caratteristiche strutturali di base richieste dal disciplinare: ad esempio collocazione nel territorio toscano, adeguati spazi per allevamento allo stato brado e semi brado magari sfruttando anche terreni marginali e poco utilizzati di aziende agricole già in attività. La superficie necessaria nel caso di allevamento di sola riproduzione non è determinante, ma piuttosto avere a disposizione strutture come capannoni e vecchie porcilaie. Per gli allevamenti di solo ingrasso la superficie a disposizione, di qualsiasi natura essa sia, deve essere rapportata al numero di animali che si intende allevare, come previsto dal disciplinare 1500 kg di carne viva per ettaro (circa 10 animali adulti), ma ben sapendo che ci sono costi fissi e ammortamenti strutturali un allevamento diventa economicamente interessante fra i 200/300 capi ingrassati annui, richiedendo pertanto una superficie di 15-20 ettari a disposizione. La razza è molto rustica e resistente. Non necessita di particolari cure. La Cinta ha taglia media, con scheletro leggero, ma solido (la dimensione delle ossa è quasi il doppio rispetto a quella del cugino Large White). Il peso da adulto è di 300 kg per i verri e di 250 kg circa per le scrofe.

Le regole per la DOP

Per avere la Denominazione di Origine Protetta Cinta Senese, l’allevamento deve rispettare precise regole. Eccone una sintesi:

Provenienza: animali nati, allevati e macellati nel territorio amministrativo della Toscana fino ad un’altitudine di 1200 metri s.l.m. (art. 3). Razza: esemplari nati dall’accoppiamento di soggetti iscritti entrambi al Registro Anagrafico e/o Libro Genealogico del tipo Cinta Senese (vedere sito Anas (Associazione nazionale allevatori suini) alla voce Cinta Senese. Allevamento: i soggetti destinati alla macellazione devono essere allevati allo stato brado o semibrado in boschi o terreni coltivati a foraggere dal quarto mese di vita. Devono stare in appezzamenti dove sono presenti ricoveri con la funzione di ospitare i suini durante la notte. Il peso vivo complessivo ad ettaro è di 1.500 Kg (dunque circa 10 animali adulti, mentre nel biologico dieci animali possono vivere in 2500 metri quadrati ). Alimentazione: è fornita dal pascolo in bosco e/o in terreni con piante foraggere (l’ideale è un bosco di leccio che fornisce ghiande, piccole radure dove pascolare). È consentita una integrazione alimentare giornaliera, non superiore al 2% del peso vivo del soggetto sopra i 4 mesi di vita, composta dal 60% di prodotti provenienti dalla zona di produzione. I prodotti utilizzabili sono: cereali integrali (non inferiore al 45% del totale, sopratutto sorgo e mais), legumi integrali, semi oleosi (per esempio girasole, ma è esclusa la soia), ortaggi e frutta fresca, integratori vitaminici e/o minerali (per esempio farina di favino, farro e orzo, in percentuali diverse a secondo dell’età). Vietato l’utilizzo di qualsiasi tipo di rifiuti organici anche vegetali (comunque vedere la relativa voce nel disciplinare. Viene considerato indispensabile oltre a fonti naturali di disponibilità idrica, poter aver accesso ad acqua di erogazione pubblica, ottenendo l’autorizzazione all’utilizzo per uso zootecnico. Macellazione: gli animali macellati devono avere un’età superiore ai 12 mesi (il peso di macellazione è in media 150 Kg per la produzione di salumi e carni fresche). Devono essere marchiate a fuoco le mezzene delle seguenti parti: prosciutto, lombo, pancetta, spalla e gota. Il taglio destinato al consumo deve essere provvisto di contrassegno”, ovvero il marchio a fuoco con il logo “DOP Cinta Senese” ed il codice del macello (art. 4). Tracciabilità: ogni fase della produzione deve essere registrata. (art. 4).

L’investimento economico

La conduzione delle aziende è prevalentemente di tipo familiare ma sopra le 500/600 unità vendute può diventare un’attività economicamente interessante. Il fabbisogno di manodopera per la normale gestione dell’allevamento risulta modesto aggirandosi mediamente intorno a 1.5 ore al giorno, impiegate quasi esclusivamente per la distribuzione degli alimenti e per il controllo degli animali. Il sistema di allevamento all’aperto è estensivo e caratterizzato dallapresenza di ricoveri facilmente trasferibili, anche dislocati direttamente sul terreno e dall’utilizzo di aree incolte e boschive. Questa sistemazione presenta dei vantaggi di tipo ambientale, economico, e migliora il benessere animale e di conseguenza la qualità della carne e dei prodotti da essi derivati.

Riguardo i vantaggi ambientali, tutte le strutture, comprese le recinzioni interne sono asportabili e facilmente mimetizzabili. Possono essere sfruttate aree marginali e, all’occorrenza, i terreni utilizzati possono essere inseriti nell’ambito delle rotazioni agrarie. Il problema dei liquami viene risolto con lo smaltimento diretto sui terreni delle deiezioni, ma è trascurabile visto (come prevede il disciplinare) il rapporto kg di vivo per ettaro; ovviamente occorre rispettare l’equilibrio tra superficie disponibile e peso vivo del bestiame allevato, nonché la rotazione dei pascoli e dei prati con la messa a coltura dei terreni laddove sia possibile. Tra i vantaggi di tipo economico troviamo i costi per la realizzazione di tutto l’impianto che sono inferiori del 70-80% rispetto alle strutture intensive, così come la manodopera necessaria per la conduzione dell’allevamento. Notevole è il risparmio di energia elettrica e di acqua. Questo tipo di allevamento risponde appieno alle esigenze di benessere dell’animale. I suini hanno la possibilità di assumere tutti i comportamenti tipici della specie, come grufolare, socializzare e svolgere ginnastica funzionale. L’eliminazione degli stress determina un netto miglioramento dello stato fisico e sanitario che, associato al pascolamento, si traduce in una migliore qualità delle carni provenienti da questi animali. Inoltre, la conversione al metodo di allevamento biologico, in queste condizioni, è facilitata. I costi iniziali sono attribuibili soprattutto alle strutture di recinzione perimetrali importanti perché devono evitare contatti, soprattutto per motivi sanitari, con gli animali selvatici, soprattutto i cinghiali, unico vero problema naturale per questo tipo di allevamento. Consigliata la doppia recinzione, una metallica e a distanza di circa mezzo metro una elettrificata. I costi di tali strutture sono legate alla tipologia di terreno e al tipo di materiale utilizzato, la stima di durata è di circa venti anni.

All’interno delle recinzioni le strutture di allevamento saranno facilmente gestibili e di costi contenuti.

Il pascolo

La Cinta Senese soffre l’umidità e maggiormente il caldo pertanto le superfici destinate all’allevamento dovranno essere prive di ristagni e asciutte, predisponendo semplici coperture per il ricovero notturno. Vanno previste pozze di acqua naturali o artificiali “insogli” perché i suini possano rinfrescarsi. Agli animali deve essere assegnata una superficie di terreno adeguata, anche in base alle caratteristiche del terreno stesso e a quanto riportato nel disciplinare di produzione (il pascolamento dei soggetti deve avvenire in aree boscate e/o seminativo-pascolative nel rispetto del limite massimo previsto dal disciplinare).Per diminuire l’impatto ambientale è consigliata la rotazione dei terreni a pascolo. Esistono vari tipi di pascolo che ben si adattano all’allevamento della Cinta Senese.

1) Il pascolo sulle stoppie: l’odierno pascolo sulle stoppie si differenzia da quello attuato nella metà del secolo scorso. Tale differenza risiede nel fatto che in passato veniva effettuata, oltre la raccolta del prodotto, anche la spigolatura che limitava i residui in campo ai soli steli e paglia. Le moderne tecniche di produzione di granella lasciano un maggiore contenuto di residui sul terreno, il quale rappresenta un interesse nutritivo per il suino. Oltre a tale vantaggio per l’animale, nelle aziende che praticano la cerealicoltura integrata o biologica il suino rappresenta una sorta di “lotta naturale alle infestanti”.

2) Il pascolo nell’oliveto: il suino di Cinta Senese, note le sue doti di gran pascolatore e grufolatore, si dimostra molto utile anche nello sfruttamento degli oliveti. Gli animali devono esservi condotti dopo la raccolta delle olive o fino a un paio di mesi prima della raccolta, cosicché, con il pascolamento, si ottengono i seguenti vantaggi: una diminuzione della flora infestante pascolata; la eliminazione delle olive cadute a terra per l’infestazione della mosca e quindi una lotta integrata nei confronti di tale malattia; apporto di sostanza organica al terreno ed arieggiamento dello stesso.

3) Il pascolo in bosco: il bosco rappresenta uno dei più importanti ambienti naturali nel quale vivono, quali indispensabili anelli della complessa catena trofica, moltissime specie animali, normalmente in perfetto equilibrio con l’ecosistema. Si tratta però di un equilibrio molto delicato, essendo strettamente legato sia alle caratteristiche pedoclimatiche e vegetazionali del bosco stesso, sia al numero ed alle specie animali presenti. Aumentando il numero degli animali, aumenta ovviamente anche la quantità dei vari prodotti asportati per la loro alimentazione, ed allo stesso tempo viene a ridursi quella destinata alla catena alimentare dei detriti e quindi alla produzione di humus. Peraltro, per quanto riguarda i suini, non è solo la semplice asportazione del materiale pabulare ad incidere sull’ecosistema, quanto le loro abitudini di vita, caratterizzate in particolare dal “grufolamento” che se sporadico e superficiale può essere tollerato dall’ecosistema bosco, forse addirittura utile nel creare piccole soluzioni di continuità allo stato di lettiera e favorire la penetrazione dell’acqua e la nascita di essenze vegetali.

L’area da destinare all’impianto dell’allevamento deve essere adeguatamente recintata con rete metallica al fine di proteggere gli animali da predatori o da contatti con selvatici. All’interno si provvederà a realizzare dei paddock con recinzioni elettriche facilmente spostabili da destinare alle diverse fasi di allevamento. Le recinzioni elettriche possono essere utilizzate per separare diversi gruppi di animali o per permettere il razionamento e la rotazione del pascolo e migliorarne la qualità e l’appetibilità. Tali recinzioni servono anche per limitare o impedire l’accesso degli animali a strade, fiumi, aiuole, aree soggette ad erosione, e anche per proteggere l’allevamento dall’intrusione di cinghiali. Per la fase di gestazione vengono utilizzate capannine in grado di alloggiare la scrofa. Poiché questi ricoveri non sono coibentati è necessario, nella stagione estiva, posizionarli in zone ombreggiate ultimamente alcuni allevamenti dispongono di vere e proprie “sale parto” simili a quelle che si utilizzano negli allevamenti intensivi. Di norma in questo tipo di allevamento la fecondazione avviene naturalmente, con un numero medio di parti all’anno di circa due. L’interparto dura quindi, mediamente, sei mesi. Per la fase di maternità si utilizzano capannine individuali provviste o meno di fondo sul quale è predisposta abbondante lettiera. I suini allevati all’aperto devono poter usufruire di opportune aree ombreggiate e di zone “umide” dove potersi rinfrescare durante la stagione calda. La soluzione più appropriata consiste appunto nell’ombreggiamento e nella realizzazione di buche in terra piene di acqua, dove i suini possano bagnarsi (sistema dell’insoglio).

Le buche possono essere realizzate dall’allevatore prima dell’immissione delle scrofe nei recinti oppure possono essere lasciate scavare direttamente dagli animali, bagnando ripetutamente e giornalmente un punto del recinto. In ogni caso le buche devono essere dimensionate in base al numero di scrofe presenti nel recinto, garantendo a ciascuna di esse uno spazio interno di 1.5 x 2 m con una profondità di 0.25 m in modo tale che tutte vi si possano immergere interamente e contemporaneamente.

L’alimentazione

Il suino di Cinta Senese è un animale piuttosto tardivo, nel senso che per raggiungere un accrescimento ottimale impiega tra i 14 e i 18 mesi. La sola alimentazione al pascolo e in bosco non è però sufficiente a soddisfare i fabbisogni nutritivi; per questo motivo è necessario ricorrere ad una integrazione alimentare. Da ricordare che in base al disciplinare DOP è consentita una integrazione alimentare giornaliera, non superiore al 2% del peso vivo del soggetto sopra i 4 mesi di vita, composta dal 60% di prodotti provenienti dalla zona di produzione. I prodotti utilizzabili sono: cereali integrali, legumi integrali, semi oleosi (per esempio girasole, ma è esclusa la soia), ortaggi e frutta fresca, integratori vitaminici e/o minerali (per esempio farina di favino, farro e orzo, in percentuali diverse a secondo dell’età).

Tale integrazione può avere provenienza aziendale oppure essere acquistata direttamente presso ditte mangimistiche. Negli ultimi anni, in concomitanza con l’incremento numerico degli allevamenti di suini di Cinta, molte ditte hanno creato linee apposite per l’ingrasso di tali animali, formulate sulla base delle esperienze di alcuni allevatori. Queste linee, oltre ad adeguati contenuti proteici, energetici e vitaminici, forniscono una quantità di lisina tale per cui si possa ottenere un rapporto ottimale fra grasso e magro.

L’integrazione riveste un ruolo importante durante l’accrescimento, fase durante la quale si ha lo sviluppo del tessuto osseo che rappresenta, per così dire, la base di deposizione di muscolo e grasso. Altri vantaggi ottenuti con l’integrazione sono: rinnovo del bosco; mantenimento della biodiversità nel bosco; rientro degli animali la sera. È consigliabile condurre una buona gestione alimentare nelle scrofe e nella prima fase di accrescimento dei suinetti. Perciò risulta indispensabile la presenza del pascolo, spontaneo o impiantato con essenze quali medica, trifoglio, lupinella e avena, dove gli animali possano trovare la quantità di vitamine e minerali necessari all’allattamento e all’accrescimento, e svolgere un’adeguata ginnastica funzionale. Generalmente l’integrazione alimentare è costituita in prevalenza da farine di orzo, mais, favino e, nel caso di spazi limitati per il movimento degli animali, da crusca e cruschello. La quantità per capo si aggira di solito su 0.50 – 1 Kg al giorno (anche 1.5 – 2 Kg) fino al raggiungimento del peso di 110 Kg circa. Terminata questa fase inizia l’ingrasso vero e proprio, che viene effettuato, qualora sia possibile, in bosco mantenendo sempre la solita quota integrativa. La fase di finissaggio è particolarmente delicata in questo animale considerata la sua tendenza ad accumulare grasso. Da qui la necessità di spazi adeguati per muoversi e consumare il grasso in eccesso.

Vista l’esperienza maturata da parte degli allevatori e considerato lo stretto legame tra l’alimento e la qualità del grasso, nella fase di finissaggio è consigliabile l’utilizzo di miscele ad elevato contenuto di orzo. Per l’alimentazione vengono utilizzati i truogoli, in cemento o in pietra, piattaforme di cemento o altri sistemi che ricorrono all’utilizzo di materiali di recupero; per gli abbeveratoi può essere fatto ricorso a succhiotti metallici (auspicabili per ridurre i rischi sanitari di trasmissione di zoopatie fra gli animali in allevamento), oppure al secchio, alla sorgente diretta, alle pozze, al truogolo stesso o a tecnologie innovative (ad esempio autoalimentatori per somministrazione individuale, pellet di grosso diametro per l’alimentazione collettiva a terra) per la riduzione degli sprechi di mangime e per un impiego razionale della manodopera. In tutte queste forme di autoalimentazione e di prelievo dell’acqua è comunque di fondamentale importanza il garantire la sorveglianza da parte di persone idonee e preferibilmente sempre le stesse.

Aspetti igienico sanitari

I suini allevati all’aperto godono generalmente di una salute migliore rispetto a quelli allevati in ambiente confinato. L’allevamento all’aperto, se correttamente impostato e gestito, è in grado di favorire negli animali migliori condizioni di salute e di benessere, connesse principalmente alla maggiore libertà di movimento, sia da un punto di vista fisico, sia comportamentale, e alla migliore qualità dell’aria respirata, che garantisce una minore incidenza di malattie respiratorie. La scelta del sito di collocamento dell’allevamento è fondamentale. Innanzitutto non deve essere vicino ad altri allevamenti, per limitare il rischio di diffusione di malattie per via aerea (per esempio malattie virali quali l’afta epizootica); inoltre, si dovrebbe evitare la vicinanza di strade di traffico e sfruttare se possibile barriere naturali, quali boschi e colline, a difesa dell’allevamento. Per l’alimentazione e per il ricovero nelle ore notturne, non si può prescindere dalla predisposizione di appositi spazi recintati posti al di fuori del bosco. Gli animali immessi in nuovi gruppi devono sviluppare, se già non le possiedono, nuove immunità; gli animali del gruppo che accoglie dovranno, a loro volta, immunizzarsi nei confronti dei germi dei suini di provenienza esterna. L’immunità acquisita si realizza in circa tre settimane e dura per molti mesi. L’introduzione dei verri acquistati deve avvenire in modo attento, essi devonoessere allevati lontano dalle femmine e acclimatati lentamente; posti in isolamento per 3-4 settimane (periodo di quarantena) e in un ambiente con presenza di zone ombreggiate per l’addestramento al recinto elettrico. Devono essere monitorati da un punto di vista sanitario e, se necessario, opportunamente trattati.

Inoltre le scrofette giovani devono essere poste in recinti isolati e puliti, con possibilità di disporre di zone d’ombra e facile accesso a una fonte di acqua pulita; le scrofette rimangono in osservazione fino al superamento dello stress da trasporto e al mescolamento. Quattro o cinque settimane di integrazione sono sufficienti alle scrofette per immunizzarsi, adattarsi ai recinti elettrici e acquisire una buona condizione per l’accoppiamento.

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